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Banca d’Italia e moneta digitale: nulla osta ai Bitcoin

La Banca d’Italia si mostra neutrale e allo stesso tempo molto aperta nei confronti degli intermediari finanziari che desiderano utilizzare la tecnologia Blockchain. In occasione del seminario “La tecnologia Blockchain: nuove prospettive per i mercati finanziari” il governatore Ignazio Visco ha affermato l’importanza di dover fare i conti con l’innovazione e il conseguente cambiamento: in questo caso si tratta di un vero e proprio cambiamento del modo di effettuare in futuro le transazioni finanziarie. Ferdinando Ametrano, professore dell’Università Bicocca di Milano, si è mostrato critico nei confronti della Blockchain senza Bitcoin e di seguito è possibile trovare alcuni spunti sull’argomento e su quanto è emerso in occasione del seminario che si è tenuto presso la sede di Roma della Banca centrale e riservato a funzionari di Palazzo Koch, banchieri, accademici e operatori di mercato.

Blockchain: la tecnologia sottostante la moneta digitale

Come già detto, la Banca d’Italia si è mostrata alquanto neutrale nei confronti degli intermediari bancari che vogliono utilizzare la tecnologia Blockchain che sarà in grado di cambiare le modalità di transazioni finanziarie.

In occasione del seminario, il governatore Ignazio Visco ha parlato di una vera e propria rivoluzione epocale di cui al momento non è possibile stabilire l’entità e ha detto che, pur non essendo personalmente un gran sostenitore di questa innovazione, la Banca d’Italia è disponibile a comunicare con gli intermediari.

Domenico Gammaldi, condirettore centrale e capo del Servizio supervisione sui mercati e sul sistema dei pagamenti, ha dichiarato che l’Istituto non può regolamentare l’uso della tecnologia e per questo esamineranno i progetti che i vari intermediari desidereranno sottoporre alla loro attenzione.  A quel punto sarà necessario decidere quale forma societaria darsi, capire i vari problemi, ma come dice Gammaldi: l’aspetto più importante è tutelare la difesa dei risparmiatori e garantire l’interoperabilità delle piattaforme di pagamento.

Sia le istituzioni finanziarie che i regolatori dei mercati monetari (Federal reserve, Bank of England, Banca centrale europea, Bank of Canada) e finanziari (Esma, Iosco) desiderano sfruttare la tecnologia Blockchain che ultimamente riscontra un grande interesse da parte dei media. La tecnologia Blockchain funziona come un libro mastro digitale in grado di registrale le transazioni tra due o più soggetti quando quest’ultime vengono validate da una moltitudine di entità che per il loro lavoro di autentificazione delle operazioni vengono remunerate in bitcoin, la più diffusa e conosciuta valuta virtuale nata nel 2008. Grazie alla Blockchain sarebbe possibile bypassare le autorità centralizzate, dalle banche agli studi notarili.

Secondo i sostenitori di questa tecnologia, grazie alla Blockchain sarà possibile abbassare di miliardi di euro i costi delle transazioni finanziarie per le banche e ridurre i ritardi burocratici nelle contrattazioni.

Critiche e sostenitori della Blockchain con o senza Bitcoin

Ferdinando Ametrano, professore universitario e Head of Blockchain and virtual currencies in Intesa Sanpaolo, ha evidenziato le sue perplessità nei confronti della Blockchain senza Bitcoin. Secondo Ametrano, infatti, questa tecnologia ha senso solo se utilizzata come supporto al bitcoin: la moneta privata che rappresenta l’oro digitale. Ametrano ha voluto ridimensionare l’idea in base alla quale la Blockchain è un sistema di certificazione diffusa e applicabile in qualsiasi contesto a prescindere dal Bitcoin: ritiene impossibile, infatti, la creazione di un libro mastro senza che la comunità di soggetti che validano le transazioni percepisca una remunerazione per farlo con un asset nativo digitale presente in quantità finite, come appunto è il bitcoin.  Ha voluto sottolineare anche il fatto che realizzando un libro mastro con dei “blocchi” di transazioni non sarà possibile effettuare la correzione di eventuali errori o potenziali frodi: la Blockchain, al momento, non consente modifiche retroattive.

Al seminario hanno partecipato i top manager di Unicredit, Intesa Sanpaolo e Banca Sella. Daniele Savarè, Head of product line cash management di Unicredit, ha annunciato che la sua banca ha già cominciato a fare delle prove sulla possibilità di trasmette valore con le nuove tecnologie. A sua volta Mario Costantini, Chief innovation officer di Intesa Sanpaolo, ha dichiarato che la sua banca sta prendendo in considerazione sia le Blockchain che operano con asset digitali nativi (pubbliche e permissionless, senza permesso, come Bitcoin) sia quelle senza asset (private e permissioned, che richiedono controllo dei regolatori).

Intesa e Unicredit fanno parte, insieme ad altre 40 banche, del consorzio R3, società di servizi tecnologico-finanziari che studia le ricadute pratiche del Blockchain e a questo punto non resta che attendere i prossimi risvolti della questione e come le banche sfrutteranno questa possibilità.

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