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Rata mutuo: cosa accade se si ritarda nel pagamento?

Non riuscire a saldare la rata del mutuo, oppure ritardarne il pagamento è un’eventualità che può accadere a chiunque: un contrattempo finanziario oppure delle difficoltà economiche momentanee possono infatti portare al mancato o al ritardato pagamento di una o più rate del mutuo. Quando ciò accade, subentrano naturalmente delle conseguenze e sanzioni a carico del titolare del contratto, purtroppo talvolta anche piuttosto gravi.

Cosa accade in caso di ritardato pagamento?

Come accennato all’inizio, le motivazioni che possono portare ad un ritardo nel pagamento della data del mutuo possono essere molteplici. Qualora la problematica sia di tipo economica, ossia giunti alla data di scadenza della rata non si disponga sul conto della copertura sufficiente per poter evadere il pagamento, è necessario avvisare la propria banca il prima possibile. Se si tratta di un istituto di credito online bisognerà contattare il servizio clienti, altrimenti sarà necessario presentarsi direttamente allo sportello della propria banca. Quest’ultima provvederà, quindi, all’addebitamento degli interessi di mora, evitando però la segnalazione al CRIF, un archivio informatico che contiene i dati sui finanziamenti richiesti ed erogati a privati e imprese.

Per calcolare questi interessi è sufficiente applicare tale formula standard: Interessi di mora = giorni di ritardo x rata x tasso di mora / 36500. Di solito vi è una maggiorazione che va dall’1 al 4 % degli interessi per le rate non pagate e la percentuale viene applicata in base a piano di ammortamento, al fatto che le rate siano costanti, decrescenti o crescenti, mensili o semestrali.

Attualmente, ad esempio, il tasso di interesse 2016 sulle rate del mutuo scadute, si aggira sull’8%. A questo vanno poi aggiunte le spese della messa in mora del mutuatario, ovvero, commissioni di insoluto, lettera di sollecito circa 5 euro e spese di recupero del debito.

Secondo la normativa attuale, se le difficoltà economiche sono dovute alla perdita del lavoro o altra natura, si può richiedere la sospensione del mutuo, una rinegoziazione del piano di ammortamento o una surroga.

mora mutuo

Dopo quanto tempo parte la segnalazione al CRIF?

Il mancato pagamento della rata del mutuo, oltre all’applicazione degli interessi di mora, può comportare, come anticipato altre gravi conseguenze.

Si è considerati morosi se si rientra in uno di questi tre casi:

  • mancato pagamento una o più rate del mutuo;
  • ritardo di pagamento superiore a 180 giorni dalla scadenza originaria della rata;
  • ritardato pagamento di almeno 7 rate tra il 30° ed il 180° giorno.

Nei suddetti casi la banca può  procedere alla risoluzione del contratto e, successivamente, al pignoramento dell’eventuale immobile messo a garanzia del prestito o l’escussione dell’eventuale fideiussione posta dal soggetto che ha fatto da garante, nonchè la segnalazione alla Centrale dei rischi, di solito il CRIF. Il cliente ha comunque il diritto di essere avvisato dalla banca qualora una qualsiasi di queste procedure venga avviata.

Se il ritardo, infine, è dovuto a un problema tecnico, non è responsabilità della banca, ma del mutuatario, al quale spetterà verificare ogni mese il buon fine del versamento della rata e, in caso di intoppi tecnici, segnalarli all’istituto.

Mancato pagamento di 18 rate del mutuo:  le novità del decreto banche

Il 4 maggio è entrato in vigore il Decreto Banche 59/2016, nel quale sono presenti alcune misure che, come definito dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, “permetteranno di ridurre drasticamente i tempi per il recupero dei crediti”. Tra queste si evidenziano le norme che rendono più semplice il pignoramento immobiliare dopo 18 rate non pagate.

Fino ad oggi, infatti, la banca doveva passare per il giudice, nel caso in cui il cliente risultasse inadempiente. La novità principale riguarda la possibilità per la banca mutuante, dopo 18 rate non pagate dal cliente, di procedere direttamente alla vendita dell’immobile, bypassando la procedura di esecuzione forzata, ossia la vendita all’asta, che può arrivare a durare anche sette anni.

Tale opzione è possibile soltanto se il cliente, assistito da un consulente, ha volontariamente ed espressamente previsto l’inserimento di tale clausola nel contratto di mutuo.  Chiaramente l’istituto di credito non può obbligare il cittadino a sottoscriverla. Tale clausola può configurarsi solo per i contratti futuri e non anche in caso di rinegoziazione di contratti stipulati in epoca antecedente al termine di 60 giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione del decreto in trattazione.

Da sottolineare, infine, che la banca può trattenere, dopo la vendita della casa, solo quanto ancora dovuto, ed è obbligata a restituire al consumatore l’eventuale eccedenza. Il debito nei confronti della banca sarà comunque estinto anche se il valore dell’immobile, definito  opportunamente da un perito indipendente, fosse inferiore all’ipoteca residua.

Nel decreto sono state inserite delle norme che prevedono oltre agli obblighi informativi e di correttezza dell’informatore, anche che la Banca d’Italia, nelle disposizioni attuative, abbia particolare riguardo ai casi di eventuale stato di bisogno o di debolezza del consumatore.

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