In un mondo in cui attraverso il cyberspazio le notizie, sempre più, viaggiano alla velocità della luce, i social media hanno avuto il merito di rendere la politica alla portata di tutti, in particolar modo avvicinandola alle nuove generazioni. La logica conseguenza è che notizie quali il miglioramento registrato dalla disoccupazione vengono annunciate con un Tweet. Proprio attraverso un tweet, il premier Matteo Renzi, proclama: “Dimostrano che #jobsact funziona: #italiariparte grazie alle riforme e all’energia di lavoratori e imprenditori #segnopiù”.Il premier fa riferimento in primis ai dati di marzo 2016, mese in cui il tasso di disoccupazione è risultato infatti pari all’11,4, in diminuzione di 0,3 punti percentuali su febbraio.Parlando in termini di cifre assolute, secondo i dati diffusi oggi dall’Istat, i disoccupati scendono di 63mila unità (-2,1%) e il calo riguarda sia gli uomini (-2,1) che le donne (-2,2%). Quanto al tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati), questa si è attestata al 36,7%, -1,5% sul mese precedente e 5,4 punti sull’anno.
Dopo tanti anni la disoccupazione scende al livello piu’ basso avutosi dal 2012. Ugualmente in calo la stima degli inattivi 15-64 anni , scesi dello 0,3% (-36 mila). Rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo gennaio-marzo 2016 si registra un calo dei disoccupati (-0,5%, pari a -15 mila) e degli inattivi (-0,3%, pari a -43 mila).
Anche il responsabile dell’economia del Pd Filippo Taddei ha espresso una sintesi positiva secondo la quale la stima Istat registra <meno disoccupati ed inattivi, e più occupati».
Secondo Taddei, si tratta di « segnali coerenti nell’indicare una ripresa del mercato del lavoro (calo contemporaneo dei disoccupati e inattivi) e dell’aumento della occupazione. Il tasso di disoccupazione (11,4%) raggiunge il livello più basso dal 2012, mentre la disoccupazione giovanile in particolare, calando di oltre il 5%, scende anch’essa al livello più basso degli ultimi 4 anni». In altre parole, «assistiamo ad un miglioramento del mercato del lavoro che coinvolge sia il numero di posti di lavoro che la loro qualità», proprio «il fine del jobs act insieme all’intervento di riduzione delle tasse diretto a chi lavora e produce».
Il dato sulla disoccupazione si rispecchia anche sul numero degli occupati, nei primi tre mesi del 2016, i movimenti mensili dell’occupazione hanno determinato, una sostanziale stabilità del livello degli occupati (+0,1%, pari a +17 mila) rispetto ai tre mesi precedenti. L’unica componente che mostra una crescita congiunturale significativa è quella dei dipendenti permanenti, che aumentano dello 0,5% sul quarto trimestre del 2015 (+72 mila). Confermata la tendenza all’aumento del numero di occupati su base annua (+1,2%, pari a +263 mila), che coinvolge soprattutto gli over 50. Sono in calo sia i disoccupati (-8,6%, pari a -274 mila) sia gli inattivi (-0,9%, pari a -125 mila).
Nonostante si parli di dati confortevoli per i giovani il quadro è ancora piuttosto disastroso, infatti, a parte la consolazione di un’ occupazione che per quanto poco, comunque aumenta in tutte le fasce di età, il dato più preoccupante è quello sulla fascia di età fra i 25-34 anni. Qui non aumentano gli occupati anzi di fronte tasso di occupazione del 59,3% a marzo 2016 rispetto a febbraio c’è addirittura un arretramento (-0,1 punti) e una variazione nulla su marzo 2015.
Possiamo definirla ripresa?
Purtroppo nonostante i dati confortanti c’è un dato da non tralasciare, sono purtroppo ancora i giovani a soffrire la crisi, ancor di più se si pensa a coloro che hanno appena terminato gli studi universitari. Tutto ciò al costo di un enorme perdita a livello di capitale umano: “Secondo la teoria del capitale umano, la produttività sul mercato del lavoro dipende, oltre che dalle capacità innate e da quelle acquisite attraverso l’istruzione, anche dalla formazione maturata sul posto di lavoro. Con il passare del tempo, alcune conoscenze tendono a diventare obsolete mentre altre vengono perse a causa del mancato utilizzo. Non essere occupati determina quindi una perdita di capitale umano che può produrre effetti gravi sia sugli individui che sulla società nel suo complesso”. Senza tralasciare il dato di coloro che anche se “occupati” non vengono regolarmente retribuiti.
Il Jobs Act e i robusti incentivi previsti con la legge di Stabilità stanno, finora, spingendo l’occupazione da instabile a stabile. Ma prima di ripartire, il mercato del lavoro ha bisogno di recuperare la produttività (in costante calo) le riduzioni di orario di lavoro, la cassa integrazione; tutti strumenti utilizzati dalle imprese per tamponare la crisi. Ci vorrà tempo, e il ciclo economico e produttivo dovranno fare la loro parte.