Crisi finanziarie e fallimenti bancari fanno parte del capitalismo, inutile credere che potrebbero o potranno non verificarsi più, seguono fedelmente le pratiche economiche che i paesi hanno scelto di seguire. I risparmi tuttavia devono essere difesi, ma nel momento in cui il risparmio diventa investimento, le difese calano drasticamente. Ed ecco che si parla di bail-in (salvataggio interno), uno strumento capace di ridurre il valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azione, nel tentativo di assorbire le perite e riportare la banca ad un livello di capitale tale da ottenere le fiducia dei mercati. Si parla quindi di prelievo forzoso, un prelievo straordinario che viene effettuato sui conti dei correntisti clienti delle banche in crisi. Ed ecco le code al Bancomat per recuperare ciò che è rimasto, immagini che hanno caratterizzato la crisi della Grecia, ma già viste per quella argentina e cipriota. Si tratta proprio di un autofinanziamento che la banca adopera sui conti dei correntisti che non hanno dato alcuna autorizzazione, un modo per salvare le banche con soldi presenti nelle banche ma non di loro proprietà.
Si può fare?
Con un emendamento della Comunità Europea, la direttiva 2014/59/UE le banche sarebbero autorizzate ad effettuare questa operazione, ma nonostante non sia un’imposizione visto che deve passare dal Parlamento Statale per diventare esecutiva, questa direttiva prevede che il “bail in” in tutti i Paesi membri, da gennaio 2016 sia operativo. Per quanto riguarda l’Italia, questo atto va contro la nostra costituzione l’articolo 47 della Costituzione dice infatti che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”. Alcune giustificazioni che considerano l’attuazione di questo atto forzoso sono:
- Le nuove norme consentono di gestire le crisi bancarie in modo ordinato attraverso strumenti più efficaci e l’utilizzo di risorse del settore privato, riducendo gli effetti negativi sul sistema economico ed evitando che il costo del salvataggio gravi sui contribuenti.
- Ed infatti, si soggiunge, la crisi finanziaria ha dimostrato che in molti paesi dell’Unione Europea gli strumenti di gestione delle crisi bancarie non erano adeguati, soprattutto di fronte alle difficoltà di “intermediari con strutture organizzative complesse e con una fitta rete di relazioni con altri operatori finanziari”.
- Per evitare che la crisi di una singola banca si propagasse in modo incontrollato ( “contagio”), sono stati necessari ingenti interventi pubblici che, se da un lato hanno permesso di evitare danni al sistema finanziario e all’economia reale, hanno però comportato elevati oneri per i contribuenti e in alcuni casi compromesso l’equilibrio del bilancio pubblico.
- Tra le tecniche ed i poteri offerti v’è anche il ”bail in” e quindi lo stesso è applicabile da parte delle autorità di risoluzione. Per tale procedura vengono utilizzate risorse private, ma non dell’intero settore bancario bensì solo di quella parte di esso che, nella veste di azionista, obbligazionista o depositante, si trova ad essere coinvolto nelle sorti della singola banca in difficoltà.
Consolazioni? Nessuna, ma è bene sapere che gli azionisti e i creditori non potranno in nessun caso subire perdite maggiori di quelle che sopporterebbero in caso di liquidazione della banca secondo le procedure ordinarie.