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Part time dai 63 anni senza impatto sulla pensione. Maggio 2016 segna l’inizio della sperimentazione!

Maggio 2016 è un mese cruciale per molti dipendenti del settore privato, infatti, dal giorno 20 avrà inizio la sperimentazione del part time agevolato per i lavoratori prossimi alla pensione. Uno strumento nelle mani di imprese e dipendenti, che promette di facilitare e supportare coloro che ne fanno richiesta senza creare oneri per le aziende, agevolando di conseguenza il turn over agevolando l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Il part time agevolato è una misura sperimentale introdotta dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 284, legge 208/2015). Tutti i dipendenti di età superiore ai 63 anni avranno la possibilità di chiedere il part time, senza rischiare penalizzazioni sull’importo della pensione.

L’orario di lavoro potrà essere ridotto su base volontaria, per un periodo massimo di tre anni fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia. Solo i dipendenti del settore privato possono, dunque, accordarsi col datore di lavoro, per ottenere una riduzione dal 40 al 60 % dell’orario di lavoro, mantenendo uno stipendio pari al 65% circa dell’ultima busta paga intera percepita. Le imprese verseranno all’INPS i contributi relativi alle ore effettivamente lavorate, mentre lo Stato provvederà con “contributi figurativi” a coprire l’importo dei minori contributi versati all’INPS dalle aziende. In questo modo, a differenza di una normale trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time, il part-time agevolato non produrrà penalizzazioni sulla pensione per chi lo sceglie. Lo Stato, infatti, riconoscendo la copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta dal dipendente, farà in modo che costui ottenga una pensione come se avesse lavorato a tempo pieno per tutti i tre anni di part-time. In un rapporto standard di part time il lavoratore dovrebbe, invece, farsi carico del versamento di contributi volontari che gli consentissero il perfezionamento dei requisiti necessari a raggiungere il diritto alla pensione e/o incrementare l’importo dell’assegno.

La cerchia di coloro che potranno essere coinvolti è, attualmente, molto ristretta: si tratta di lavoratori e lavoratrici nati entro il 31 maggio 1952 e che compiranno 66 anni e 7 mesi di età entro il 31 dicembre 2018 (per le lavoratrici 65 anni e 7 mesi per il biennio 2016 – 2017).

La misura, almeno in questa prima fase, avrà carattere sperimentale, tuttavia, qualora non fossero riscontrate problematiche e punti a suo sfavore, non è escluso che la stessa possa essere estesa, in futuro, anche al pubblico impiego.

Lo stesso datore di lavoro trae beneficio dalla nuova misura, anche se in parte minore. Diverse grandi aziende potrebbero approfittare della novità per ridurre l’orario della forza lavoro più anziana e contenere la spesa degli stipendi senza dover ricorrere all’isopensione, metodo attualmente utilizzato e molto più oneroso perché il datore dovrebbe corrispondere al lavoratore un assegno di importo equivalente alla pensione, per l’intero periodo di esodo, sino al perfezionamento dei requisiti del pensionamento. Inoltre l’azienda dovrebbe farsi carico anche della copertura contributiva utile a garantire ai lavoratori la co­pertura pensionistica fino al rag­giungimento del diritto all’assegno di quiescenza definitivo.

L’Isopensione, poi, non può essere applicata da aziende con meno di 15 dipendenti e senza che sia stato raggiunto un accordo tra azienda, Inps e sindacati dei lavoratori.

Al part-time agevolato, invece, potranno accedere anche le piccole imprese in quanto non si richiede il rispetto di un requisito minimo dimensionale relativo alla forza lavoro impiegata (es. i 15 dipendenti). Il datore di lavoro, infine, non avrà alcun obbligo di assumere nuova forza lavoro.

Il riconoscimento del beneficio spetterà all’INPS, nel rispetto di un limite massimo di spesa pari a 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018. Qualora il plafond sia esaurito, l’attivazione del part-time, slitterà, allora, all’anno successivo.

In definitiva la misura, anche se va salutata con favore, non può sostituire quell’esigenza di rendere più flessibile la Legge Fornero cui lo stesso Governo ha indicato di voler dare una risposta entro la fine dell’anno.

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