Nell’ambito del calcolo degli interessi bancari, sia su un prestito che sui conti correnti, esistono alcune pratiche controverse che sono state riconosciute nel tempo non più applicabili o applicabili solo come deroga. Una di esse è l’anatocismo. Nell’articolo che segue, si analizzano la legittimità riconosciuta dalla Legge e l’applicazione ai mutui fondiari.
Anatocismo: cos’è
In base alla definizione comune, l’anatocismo è una pratica che consente alla banca di far maturare interessi anche agli interessi non pagati.
In pratica, quando si ottiene un mutuo, in ogni rata si restituiscono due parti: il capitale (il denaro prestato) e gli interessi. Nel momento in cui una rata scade e non viene pagata, se la quota di interesse che essa contiene fa maturare a sua volta interessi si parla di anatocismo.
Anatocismo: applicabilità
La legislazione italiana vieta esplicitamente l’anatocismo l’articolo 1283 del Codice Civile, consentendo la maturazione di “interessi sugli interessi” solo in alcune condizioni specifiche, ovvero:
- Quando il mancato pagamento di un prestito sia portato davanti a un giudice con un decreto ingiuntivo. In questo caso il giudice può considerare la cifra dovuta come un unico debito anche se contiene una parte di interessi e quindi riconoscere altri interessi maturati sull’importo complessivo.
- Quando, alla scadenza del debito, le due parti abbiano trovato un accordo per dilazionare la cifra non pagata.
- “In mancanza di usi contrari”, ovvero quando non esita una prassi consolidata e contraria, che è – in pratica – quello che si è verificato a partire dal 1952, quando l’ABI ha disposto, nei contratti bancari per i conti correnti, che gli interessi a favore della banca fossero calcolati ogni 3 mesi, quelli a favore del cliente solo una volta all’anno.
Quest’ultima condizione è stata di fatto annullata da una sentenza della Cassazione del 1999 che ha dichiarato illegale questo metodo di calcolo degli interessi per i conti correnti.
Anatocismo e mutui fondiari: norma e applicazioni
Per quanto riguarda nello specifico i mutui fondiari, l’anatocismo è stato considerato legittimo ( in virtù dell’art. 38 del Regio Decreto n.646 del 1905 riprodotto dal Decreto del Presidente della Repubblica n.7 del 1976 e dalla legge n.175 del 1991), per tutti i mutui fondiari stipulati fino al 1 gennaio 1994.
Successivamente a questa data, è entrata in vigore la disciplina del TUB – Testo Unico Bancario, che pur non occupandosi specificamente dell’anatocismo, ha abrogato le precedenti leggi speciali.
Si è quindi prodotto un cambiamento nella prassi, per cui l’anatocismo veniva considerato legittimo solo se il contratto era conforme a quanto disposto dalla Delibera C.I.C.R. – Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio del 09 febbraio 2000 e cioè se veniva esplicitamente menzionato nel contratto tra utente e banca.
Infine la sentenza n.11400 del 22/05/2014 emessa dalla I sezione della Cassazione civile, ha dichiarato illegittimo l’anatocismo anche per i mutui fondiari.
Nelle motivazioni della sentenza, si legge che la deroga precedente (cioè l’accettazione dell’anatocismo per i mutui fondiari) si basava sulla loro particolare natura: in origine essi erano finanziati attraverso apposite cartelle fondiarie e quindi gli interessi sugli interessi non erano una speculazione della banca, ma servivano ad assicurare ai titolari delle cartelle la restituzione tempestiva della somma che avevano stanziato, anche se la corrispettiva rata del mutuo non era stata pagata.
Questa situazione è cambiata nel 1976, quindi la deroga al divieto di anatocismo non aveva più ragione di esistere.
La sentenza del 2014 è stata ripresa e confermata anche in seguito, per cui, in definitiva: l’anatocismo nel calcolo degli interessi sui mutui fondiari è vietato.