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Accertamento fiscale se vendi casa a un prezzo troppo basso

Tempi duri per i furbi. Se infatti si decide di vendere un immobile a un prezzo troppo basso per pagare meno tasse, l’Agenzia delle Entrate può decidere di far scattare un accertamento fiscale che coinvolge sia il venditore che l’acquirente.

Vendita dell’immobile: quando scatta l’accertamento fiscale

Secondo una recente decisione della Commissione Tributaria di Potenza (sentenza n. 223/2016) l’accertamento fiscale è legittimo se il prezzo di vendita dell’immobile è troppo basso rispetto al valore risultante dalla perizia del mutuo.

In sostanza, quando chi compra casa chiede un mutuo, la banca opera una perizia sull’immobile, in modo da verificarne il valore prima di concedere il prestito. Tale perizia viene generalmente redatta da un tecnico specializzato e viene acclusa alla documentazione che accompagna la richiesta all’istituto bancario.

Normalmente, se essa viene approvata, conduce a un mutuo pari, al massimo, all’80% del valore totale (in alcuni casi specifici si può giungere al 100%, ma si tratta di eccezioni molto circoscritte e legate a garanzie aggiuntive rispetto all’ipoteca sull’immobile che si sta acquistando).

Se il valore della perizia è molto diverso dal prezzo di vendita, allora l’Agenzia delle Entrate può sospettare una svalutazione artificiosa e disporre l’accertamento fiscale per recuperare le tasse sull’importo evaso.

Per verificare questo sospetto, il fisco può stabilire una rivalutazione del bene in base alla zona ed al quartiere in cui si trova basata sulle quotazioni dell’OMI – Osservatorio sul mercato immobiliare, che vengono pubblicate su base semestrale e individuano un range di valori legati agli immobili di un determinato ambito territoriale, chiamate appunto “Zone OMI“. A tali quotazioni sfuggono solo gli immobili in condizioni di particolare pregio o degrado, cioè quelli che presentano caratteristiche non in linea con gli altri edifici della zona individuata.

Le quotazioni OMI degli ultimi 6 semestri pubblicati sono consultabili liberamente online (l’ultimo pubblicato è il 2° semestre del 2015).

Inoltre, il fisco può fare delle verifiche sulla documentazione bancaria relativa alla pratica di mutuo, ed in particolare sulla perizia preliminare all’erogazione del prestito in cui il tecnico designato dalla banca ha enumerato lo stato generale della casa, le sue dimensioni, il contesto urbano, ne ha valutato la coerenza con la piantina e, anche attraverso delle comparazioni con altri immobili in vendita nella stessa zona, ne ha stabilito il valore.

Accertamento fiscale: l’onere della prova

L’Agenzia delle Entrate può quindi decidere di effettuare la rettifica del prezzo dell’immobile e recuperare le tasse relative al valore che ritiene più probabile. Il punto di partenza è costituito da  “presunzioni semplici”, cioè da semplici indizi. Quello più evidente è, ovviamente, la differenza tra il prezzo indicato nel rogito e il valore di mercato dell’immobile indicato dalla perizia.

Naturalmente, occorre che la differenza sia rilevante: se lo scostamento è minimo, si può prefigurare un accordo commerciale dettato da esigenze specifiche delle parti,  per esempio, il venditore potrebbe aver abbassato il prezzo per chiudere velocemente l’accordo e disporre subito di denaro liquido.

In pratica, al contribuente viene notificato l’avviso di accertamento fiscale quando l’Agenzia delle Entrate riscontra “gravi incongruenze” tra il costo di vendita dell’immobile e la stima della perizia.

Quando ciò avviene, sia il venditore che l’acquirente sono investiti dal cosiddetto “onere della prova contrario” cioè toccherà ad entrambi dimostrare, con prove documentali, che la differenza di valore dichiarata nel rogito non nasconde un tentativo di evasione fiscale.

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