Il 1 marzo 2016 è entrato in vigore il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico 22 dicembre 2015 n. 226, che attua le nuove regole concernenti il prestito vitalizio ipotecario, una particolare tipologia di finanziamento riservata a soggetti anziani di età. Si tratta di un prestito che era già comparso negli anni precedenti sul mercato del credito, presentando invero una serie di problematiche che ne avevano decretato un rapido declino: con questo decreto, lo Stato prova a rivitalizzare una modalità di erogazione che potrebbe tornare utile a pensionati e in generale a soggetti anziani che necessitano di liquidità. In questa sede vogliamo analizzare tuttavia i rischi del finanziamento, partendo innanzitutto da una disamina generale del funzionamento del prestito vitalizio ipotecario.
Come funziona
Che cos’è il prestito vitalizio ipotecario in dettaglio? Si tratta di una particolare forma di finanziamento che deve la sua origine e fortuna nel mondo anglosassone, dove è conosciuta con l’espressione reverse mortgage e successivamente importata anche qui in Italia. Si tratta di un prestito concedibile ai soggetti che abbiano compiuto 60 anni di età, senza alcun limite d’età massimo al contrario di altre formule come la cessione del quinto: la sola condizione è che tali soggetti offrano come garanzia l’ipoteca su un immobile non gravato da altre iscrizioni ipotecarie. Si tratta dunque di un finanziamento strutturato e pensato appositamente per venire incontro alle esigenze finanziarie della popolazione anziana, grazie a cui al soggetto viene concesso un finanziamento in cambio dell’iscrizione di un’ipoteca sulla casa di proprietà, che dunque il beneficiario non è costretto a vendere, potendo continuare a viverci tranquillamente.
Piano di ammortamento
Se quelle appena descritte sono le linee generali del prestito vitalizio ipotecario, scendiamo in dettaglio per ciò che riguarda il piano di ammortamento, nel momento in cui la restituzione del capitale erogato e degli interessi viene preso in carico, in tutto o in parte, dagli eredi del debitore dopo il decesso della persona. Cosa succede nel momento in cui gli eredi del defunto rifiutino di accollarsi il debito contratto dal soggetto? In questo caso l’istituto di credito può vendere l’immobile coprendo la somma versata e gli interessi dovuti con il ricavato, e restituendo agli eredi l’eventuale eccedenza. L’importo concedibile con il prestito vitalizio bancario varia a seconda del valore dell’immobile concesso in ipoteca ed anche dell’età del mutuatario: generalmente la cifra è compresa tra il 15 e il 50 per cento del valore dell’immobile e risulta essere tanto più elevata in proporzione al valore dell’immobile e quanto più è avanzata l’età del mutuatario.
Prestito vitalizio bancario: i rischi e gli svantaggi
Le nuove regole emanate dal decreto governativo non cancellano i rischi e le criticità insite nel prestito vitalizio bancario. Dalla prospettiva del beneficiario e dei suoi eredi, la principale perplessità è data dall’esponenziale crescita del debito, dovuta alla capitalizzazione annuale degli interessi sulla somma erogata, a maggior ragione quando vi sia una lunga aspettativa di vita: secondo quanto rilevano esperti del settore, un tale meccanismo è in grado di prosciugare in breve tempo l’intero valore dell’immobile offerto in garanzia.
Inoltre la casa oggetto di ipoteca non è vendibile, non è ulteriormente ipotecabile e nemmeno è possibile concederla in locazione a terzi: la normativa infatti sancisce la cosiddetta decadenza dal beneficio del termine, ovvero la banca può dichiarare il contratto risolto e pretendere la restituzione immediata di capitale e interessi.
Fortunatamente la legge tutela gli eredi dal rischio di dover coprire un eventuale ammanco dalla copertura del debito attraverso il ricavato della vendita: la norma infatti impone che l’entità del debito da rimborsare alla banca non possa mai eccedere il valore di realizzo dell’immobile, dunque se gli eredi non riscattano l’immobile ipotecato, e l’istituto di credito deve vendere per riavere il capitale, i primi non possono essere chiamati a pagare la differenza se il ricavato non è sufficiente a coprire il credito della banca.