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Anticipo pensione: prestiti per 20 anni come meccanismo di uscita

Si continua a parlare dell’ipotesi pensione anticipata, con il governo alle prese con varie possibili soluzioni affinché alcuni lavoratori possano usufruire di un’uscita dal mercato del lavoro più ravvicinata rispetto a quanto viene stabilito oggi dalla legge Fornero, mediante dei meccanismi di flessibilità: l’ultima proposta avanzata dall’esecutivo alle parti sociali prevede un prestito con rimborso a 20 anni per sostenere il finanziamento. Tutti gli interventi fin qui ipotizzati costerebbero al governo circa 10 miliardi, troppi per il bilancio statale, mentre attraverso questa forma di prestito, ribattezzata Ape, ovvero anticipo pensionistico, si potrebbe effettivamente uscire dal mercato del lavoro senza eccessivi esborsi per le casse dello Stato, con penalizzazioni minime per i lavoratori, che potrebbero venire compensate dalle detrazioni previste, ed anche rendendo più convenienti le ricongiunzione tra le varie gestioni previdenziali.

Prestito per la pensione anticipata: come funziona

Innanzitutto partiamo dalla platea dei beneficiari: in base all’ipotesi prospettata dal governo, da qui al 2019 potrebbero usufruire dell’uscita anticipata verso la pensione tutti coloro che sono nati tra il 1951 ed il 1955. Rispetto ai 66 anni e 7 mesi come prevede la normativa attuale, si potrà lasciare il lavoro anticipando il termine di uno, due o tre anni, con l’Inps a fungere da garante tra il lavoratore e le società finanziarie, gestendo come intermediario i rapporti con gli istituti che che garantiranno i capitali, ossia banche e assicurazioni. Il singolo lavoratore potrà decidere, a seconda delle proprie esigenze e necessità, se ricevere in anticipo dall’Inps l’intero importo dell’assegno previdenziale che andrà a maturare, oppure una cifra inferiore. L’intero meccanismo ruota attorno al prestito, che verrebbe restituito in 20 anni con gli interessi, certificato da una garanzia senza pegni reali e che in caso di morte prematura del beneficiario protegge gli eredi da qualsiasi rivalsa futura.

Detrazioni fiscali

Per attutire l’impatto del costo, il governo Renzi ha previsto di introdurre, soprattutto a sostegno dei redditi più bassi, delle agevolazioni sotto forma di detrazioni fiscali, allo scopo appunto di attenuare il peso della rata di rimborso mensile: per i primi 3 anni verrebbero stanziati all’incirca tra i 700 e gli 800 milioni di euro l’anno, per poi valutare successivamente eventuali aggiustamenti alla cifra a sostegno delle agevolazioni. Poiché rata di ammortamento rappresenta l’unica forma effettiva di penalizzazione, secondo le previsioni di fattibilità avanzate dai tecnici dell’esecutivo, questa decurtazione sulla pensione verrebbe compensata proprio dalle detrazioni fiscali.

Fasce di beneficiari e calcolo della rata

Andando ancora più nello specifico dei possibili beneficiari dell’Ape, la platea degli interessati verrebbe suddivisa in tre fasce: la prima comprende chi sceglie volontariamente l’anticipo della pensione, la seconda chi opta per questa soluzione perché è rimasto senza lavoro, in ultimo chi lo fa su richiesta dell’azienda, dunque una sorta di prepensionamento, che come tale sarebbe a carico della stessa azienda che si sobbarcherebbe i costi dell’anticipo. A seconda dei tre casi, la detrazione potrà essere di misura maggiore o minore, e di conseguenza l’onere finanziario per il singolo lavoratore potrebbe essere più o meno pesante. Poiché si è ancora nella fase preliminare del dibattito tra esecutivo e parti sociali, non sono state ancora elaborate cifre specifiche attraverso cui poter evidenziare esempi e simulazioni di sorta, tuttavia le stime fatte circolare dal governo fanno supporre che con l’uscita massima, ovvero 3 anni d’anticipo, la rata si possa attestare fino al 15 per cento della pensione.

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