Cosa si intende con il termine “atto di precetto”? In pratica generalmente si indica con questa espressione la procedura tramite la quale un creditore (ad esempio l’istituto di credito) è obbligato a notificare al proprio debitore che ha intenzione di dare inizio ad una esecuzione forzata, ad esempio l’esproprio di beni mobili o immobili del debitore oppure del quinto dello stipendio, della pensione, o ancora del conto in banca. L’unico caso in cui l’atto di precetto non risulta necessario è quello dell’esecuzione forzata da parte dell’esattore (come avviene ad esempio con Equitalia).
Con questo documento il creditore chiede al debitore di adempiere ai suoi obblighi, in caso contrario nel giro di dieci giorni può dare il via alla procedura esecutiva per rientrare in possesso della cifra concessa in prestito. Un atto di precetto non è dunque un documento da sottovalutare e ci sono quindi alcune cose che sarebbe bene sapere.
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Titolo esecutivo e atto di precetto, le differenze
In genere l’atto di precetto, che precede l’esecuzione forzata, deve essere a sua volta preceduto dal titolo esecutivo, che consiste in un documento che contiene le ragioni di credito del creditore. Spesso però il titolo esecutivo e l’atto di precetto vengono notificati insieme, tramite un solo atto: questo avviene soprattutto nel caso delle sentenze. In caso di decreto ingiuntivo, invece, quest’ultimo viene notificato sempre prima dell’atto di precetto, mentre il contenuto di assegni e cambiali viene di norma trascritto dell’atto di precetto, quindi questo documento non viene mai anticipato dal titolo esecutivo perché quest’ultimo è incluso nell’atto di precetto.
In generale si può quindi dire che il titolo esecutivo ha già il compito di notificare implicitamente al debitore l’intenzione del creditore di avviare l’esecuzione forzata, ma è con l’atto di precetto che questa intenzione diventa esplicita e solenne.
Atto di precetto, le tempistiche
Come abbiamo già detto, l’atto di precetto deve essere consegnato al debitore per notificare l’intenzione del creditore a dare inizio ad una esecuzione forzata per rientrare in possesso del proprio capitale; il debitore, dal momento del ricevimento del documento, ha a disposizione dieci giorni per porre rimedio alla situazione. Ma attenzione, anche il creditore ha un termine!
L’atto di precetto ha infatti una validità di novanta giorni: se viene superato questo termine e il creditore non ha ancora provveduto a procedere al pignoramento, l’esecuzione forzata perde qualsiasi legittimità. Si può però procedere con un nuovo atto di precetto, che avrà il medesimo periodo di validità del precedente.
Cosa comporta non ritirare l’atto di precetto
L’atto di precetto è un documento che ha natura recettizia: ciò vuol dire che non può produrre effetti finché il destinatario non ne è effettivamente a conoscenza attraverso una notificazione ufficiale.
In base a questo, alcune persone pensano che sia una buona strategia non ritirare l’atto di precetto presso la posta, pensando che in questo modo risulti non notificata.
In realtà questo non è vero: l’atto di precetto non ritirato viene considerato notificato una volta che sia trascorso un periodo di dieci giorni di giacenza e sia stato inviato un secondo avviso tramite raccomandata che avverta del precedente tentativo di notifica.
Non ritirare l’atto di precetto, quindi, è inutile e dannoso: non conoscendone il contenuto, infatti, il debitore non è eventualmente in grado di contestarlo.
Come contestare l’atto di precetto
Se si vuole contestare la correttezza formale di atto di precetto si può farlo entro un termine di venti giorni dalla sua notifica, mentre se secondo che ha ricevuto l’atto di precetto questo si riferisce a somme non dovute, può contestare il documento. In questo caso non ha un limite di tempo entro cui dare inizio alla contestazione, a meno che l’esecuzione sia già stata eseguita.