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Contratti a tempo determinato, cassa integrazione, neo-assunzione: è possibile la cessione del quinto?

Lavoratori a tempo determinato, neoassunti, cassintegrati: la soluzione della cessione del quinto sullo stipendio, ovvero avere un prestito che si rivalga sullo stipendio mensile fino a un massimo del 20% sulla retribuzione, con rate detratte automaticamente su tale compenso, è un’utopia? Non esattamente.

Da rammentare che la cessione del quinto è, rispetto ad altre forme di prestito, una formula relativamente semplice, poiché non ha restrizioni, la garanzia è lo stipendio stesso e la rata viene pagata fino a che c’è una busta paga da cui ‘prelevare’. Un bel vantaggio, ma anche un grosso handicap per chi ha la busta paga a termine. Con una parentesi: in tempi come i nostri, in cui il posto fisso è diventato un miraggio per molti cittadini, l’apertura al prestito pure per i lavoratori non regolari non può certo essere negata da banche e istituti finanziari.

I lavoratori a tempo determinato

Per la categoria di chi è assunto con contratti a tempo determinato, la normativa  (in particolare l’art. 13/bis della Legge 14 maggio 2005, n° 80, supplemento ordinario n° 91) ammette la possibilità di sottoscrivere prestiti attraverso la cessione del quinto, fino a che dura il rapporto di subordinazione continuativo (e con questa definizione il progetto di avere un prestito si allarga in teoria pure ad altre categorie instabili, come i lavoratori assimilati ai dipendenti, tipo i collaboratori coordinati e continuativi che, pur non essendo più contemplati dallo stato, rimangono tuttavia in essere in certe situazioni, tipo gli iscritti agli ordini professionali, come i giornalisti).

Allergie a concedere il prestito

Alcune aziende però potrebbero come dire essere ‘allergiche’ ad accettare tale forma di prestito, poiché la cessione del quinto le coinvolge in primo piano, dato che sono loro a interagire con l’istituto bancario-finanziario soggetto da cui arriva la cifra in oggetto. E, a proposito di aziende: può accadere che esse non siano considerate affidabili dagli istituti che rilasciano il prestito, in ciò può incidere la natura giuridica, la neo-costituzione dell’impresa stessa, il limitato numero di dipendenti.

Quale durata

Se è tutto a posto, ovviamente, in caso di accettazione della domanda, il prestito chiesto dal dipendente non avrà una durata maggiore di quella del contratto.  Ad esempio, se il dipendente rimarrà tale per un periodo di due anni, il finanziamento non supererà i 24 mesi. Da sottolineare: la somma che si potrà avere sarà limitata, proprio perché il periodo di rimborso non dura tutta la ‘vita’ lavorativa, come nel caso dei dipendenti regolari.

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L’assicurazione

Per ottenere l’erogazione della cifra richiesta, il lavoratore a tempo determinato (e ciò vale pure per i neoassunti e i cassintegrati) deve stipulare una polizza sulla vita e una rischio impiego.

Perché? Il motivo ha due risposte: la prima riguarda lo stato di precarietà lavorativa della persona che chiede il prestito, la seconda la possibilità di decesso dell’intestatario del debito prima di averlo rimborsato, cosa che in tale triste circostanza sarà fatto dall’ente assicurativo. Ciò per evitare che familiari siano investiti dal gabello del loro caro.

Se comunque il prestito si ottiene, può accadere che banche e finanziarie propongano un tasso di interesse più elevato, rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato.

E i neoassunti?

Le perplessità per accedere alla cessione del quinto sullo stipendio di neo-assunzioni si moltiplica (non esiste tanto per dirne una, la garanzia del TFR, poiché ancora non si è accantonato nulla), anche se sia aziende sia istituti bancari-finanziari si stanno dimostrando più ‘morbidi’ nell’accettare le richieste. A rischio rifiuto soprattutto i lavoratori che rientrano in un periodo di prova (non si sa se il contratto potrà essere rinnovato). Se questa è almeno di sei mesi, meglio. E ancora di più se si lascia passare tale lasso di tempo, diventando a tutti gli effetti un lavoratore a tempo indeterminato e quindi più garantito.

Nell’eventualità tuttavia che il prestito sia concesso, persino alla presenza di solo una o due buste paga, vale sempre il discorso di una cifra non esosa.

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Per fare il punto

La cessione del quinto sullo stipendio mensile è elargita a

Lavoratori a tempo determinato e Neoassunti

° Per aziende di almeno 16 dipendenti e che non siano di nuova costituzione (in genere no cooperative e srl)

° Il prestito non può durare più a lungo del periodo del contratto

E per i cassintegrati?

La cessione del quinto in presenza di cassa integrazione non presenza caratteristiche diverse dagli altri casi. Il prelievo avviene sempre direttamente sullo stipendio mensile pur se decurtato.

Il dipendente può dunque richiedere un finanziamento, che sarà evidentemente di entità minore rispetto a quello che avrebbe potuto ottenere con la busta paga intera.

Inoltre: fino a quando dura la cassintegrazione? Ci sarà un ritorno sul posto di lavoro alle medesime condizioni pregresse? O si prevede l’entrata in mobilità e quindi di ‘evoluzione’ verso lo status di disoccupato?

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Sono tutte domande che, oltre all’incertezza in cui versa il lavoratore, determinano ciò: nell’eventuale prestito il TAEG sale. Questo perché risulta maggiorato il premio della polizza rischio impiego, per via della possibilità di perdita lavoro decisamente più elevata rispetto ad altre situazioni.

Per i cassintegrati sono da considerare inoltre altri contesti.

Può accadere che il lavoratore abbia chiesto un prestito in base alla cessione del quinto e ne stia usufruendo, prima della cassa integrazione, con stipendio ‘regolare’.

In tale contingenza, e se la sua mensilità si riduce a oltre un terzo (33%), diventa possibile per lui rinegoziare il finanziamento, riducendo la rata, allungando la durata del rimborso. E con interessi maggiori da pagare.

Se la riduzione dello stipendio invece supera il 50% della mensilità ordinaria, si può arrivare anche alla sospensione della rata da pagare. Ecco che qui interviene allora la famosa assicurazione obbligatoria che paga per il lavoratore da cui successivamente essa pretenderà un indennizzo sulle somme versate e anche qui addizionate da maggiori interessi.

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