È possibile ottenere prestiti anche se si è stati definiti cattivi pagatori? Generalmente, le banche e le società che erogano finanziamenti tendono ad essere più ‘restrittive’ nei confronti di coloro che sono stati protestati o che hanno subito un pignoramento, per cui l’unica soluzione sembra essere la temuta cessione del quinto.
Facciamo un piccolo passo indietro: cosa significa essere inseriti nel registro dei cattivi pagatori e quali sono le conseguenze a livello finanziario? A differenza di quanto si crede, esistono delle modalità per ottenere prestiti, nonostante si possegga una reputazione non proprio limpida: in queste righe, cercheremo di fare chiarezza sulle tipologie di prestito valide anche per coloro che in passato hanno tardato a saldare i propri debiti e, soprattutto, sulle alternative alla cessione del quinto.
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Protestati e cattivi pagatori
Prima di concedere un prestito, le banche tendono ad indagare sulla situazione finanziaria del richiedente, per tutelare se stesse dai cosiddetti cattivi pagatori. Sfortunatamente, a volte basta davvero poco per ricevere una qualificazione negativa: è sufficiente saltare un paio di rate, cosa che con la crisi economica capita piuttosto facilmente, per essere definiti cattivi pagatori ed essere inseriti nella cosiddetta Lista CRIF. A questo punto, ricevere ulteriore denaro in prestito diventa molto complicato, in quanto la permanenza nella lista può durare anche diversi anni!
In questo periodo, che a seconda della gravità della situazione può durare anche fino a tre anni, è quasi impossibile richiedere altri finanziamenti, ed in particolare per coloro che non hanno un reddito fisso, come i liberi professionisti o i disoccupati.
La cessione del quinto
La soluzione più immediata per ricevere nuovi finanziamenti, nonostante i reclami ottenuti in passato, è la cosiddetta cessione del quinto, che tuttavia ha degli svantaggi non indifferenti: vediamo, dunque, cosa comporta questa modalità di pagamento.
Solitamente, quando si ottiene un prestito, è cura del cliente restituire gradualmente la somma, più una percentuale di interessi, diluendo il debito in rate mensili, la cui consistenza dipende da vari fattori (cifra richiesta, numero di rate ecc.). Ciò comporta un rapporto di fiducia tra l’istituto di credito e il cliente, ma nel caso dei cattivi pagatori, dei protestati o dei pignorati, tale rapporto non sussiste più, e dunque questi ultimi sono costretti a scegliere la cessione del quinto, valida esclusivamente per somme inferiori ai 60.000 euro e per coloro che risultano dipendenti fissi (o per i pensionati).
Attraverso questa modalità, per restituire la somma ottenuta, il cliente cede direttamente una parte del proprio stipendio (o della propria pensione) alla banca: questa parte non può superare, appunto, un quinto di esso. Ciò significa che la cifra prestabile risulta proporzionale rispetto al proprio reddito, e che le rate verranno versate automaticamente dallo Stato (nel caso dei dipendenti pubblici o dei pensionati) o dall’azienda presso cui si lavora (nel caso di dipendenti aziendali), scavalcando così l’intervento del cliente.
La cessione del quinto comporta però due gravi difficoltà: per prima cosa, essa tende ad escludere quelle categorie di clienti che non dispongono di uno stipendio fisso, come i lavoratori autonomi e i liberi professionisti; in secondo luogo, questa tipologia di finanziamenti tende a gravare enormemente sull’economia personale e familiare del richiedente, il quale si ritrova con un reddito decurtato per periodi medio-lunghi. Alla luce di ciò, la cessione del quinto può essere una soluzione solo per una fascia della popolazione, mentre chi è escluso è costretto a ricorrere ad altre tipologie. Vediamo quali.
Alternative alla cessione del quinto
Tutti coloro che non possono ricorrere alla cessione del quinto, sia perché non risultano alle dipendenze di qualcuno, sia perché la decurtazione del reddito comporterebbe gravi problemi a livello finanziario, possono tuttavia ottenere prestiti con altre modalità, e questo vale anche per i disoccupati senza busta paga: vediamo le principali tipologie.
La prima alternativa è il cosiddetto prestito cambializzato: si tratta di un finanziamento personale e non finalizzato, vale a dire utilizzabile per gli scopi più disparati, e non soltanto per l’acquisto di beni. Esso si basa sulla sottoscrizione di cambiali a cadenza mensile, e può essere richiesto anche dai liberi professionisti, purché questi possiedano una polizza sulla vita, valida per almeno due anni. In caso di mancato pagamento delle cambiali, la banca provvederà a pignorare i beni personali del cliente, ottenendo così un parziale o totale risarcimento.
La seconda alternativa è chiamata prestito delega, e per molti aspetti ricorda la cessione del quinto, di cui trattavamo sopra: in questo caso, il cliente chiede al proprio datore di lavoro di versare direttamente una parte dello stipendio alla banca, fino all’estinzione del debito. Rispetto alla cessione del quinto, però, con il prestito delega è possibile rinunciare ad una fetta molto più ampia del proprio reddito: la percentuale, difatti, va dal 20 al 40%.
La fidejussione, infine, è la terza alternativa, quella dalle possibilità più ampie, valida anche per i disoccupati senza busta paga. Con questa tipologia di prestiti, infatti, viene introdotta una terza persona, solitamente un genitore o un parente, che ricopre il ruolo di ‘garante’: se il cliente non riesce a rimborsare la somma ottenuta, difatti, sarà cura della terza persona responsabile coprire le spese, fino alla risoluzione del debito.
Cattivi pagatori… per errore?
In alcuni casi, nemmeno troppo rari, i clienti scoprono all’ultimo momento di essere stati classificati come cattivi pagatori: com’è possibile? Purtroppo, molte persone, sempre più frequentemente, vengono coinvolte in truffe finanziarie di vario genere: dal furto d’identità, alla fuga di dati sensibili, fino alla frode informatica.
La reputazione di ‘cattivi pagatori’, dunque, dipende dalle nefandezze compiute dai truffatori, ed è necessario ricorrere alle Forze dell’Ordine per fare chiarezza e risolvere la situazione, che rischia di pesare su individui ignari, che scoprono l’accaduto solo nel momento in cui gli viene rifiutato un prestito.
Attraverso una trafila burocratica, tuttavia, è possibile richiedere la cancellazione del proprio nominativo dalla Centrale Rischi, inviando una fotocopia della denuncia alle varie banche dati: se le motivazioni verranno ritenute valide, il cliente potrà ottenere nuovamente prestiti.
Conclusioni
Richiedere un prestito, anche per gli utenti classificati come cattivi pagatori, non è poi così complicato: è necessario, tuttavia, valutare bene le varie opzioni e scegliere quella più conveniente, e che meglio si adatta alle proprie esigenze. È saggio, ad esempio, considerare la possibilità di coinvolgere una terza persona (un amico o un parente), affinché possa coprire almeno una parte delle spese, qualora in futuro dovessero sorgere ulteriori difficoltà.
Infine, prima di sottoscrivere qualsiasi accordo, è bene domandarsi se quella somma è davvero necessaria: in periodi difficili come questi, è facile cedere alle lusinghe dei facili finanziamenti, ma è molto complicato riuscire a saldare i debiti in futuro. Le condizioni economiche, difatti, possono cambiare radicalmente in tempi brevi e il rischio di ritrovarsi sommersi dai pagamenti, o addirittura con gli immobili pignorati, è più che concreto!
Maggiori informazioni sullo status di cattivo pagatore e conseguenti centrali dei rischi.